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Quanto incide il costo della materia prima nel calcolo del food cost?

Hai un bel locale, uno chef di prim’ordine e offri un servizio impeccabile. Cosa manca per far sì che i conti tornino? Una oculata gestione del food cost può senz’altro fare la differenza. Alla base della realizzazione di un menu ben studiato e redditizio, infatti, vi è il calcolo del valore del “costo del cibo” che si ottiene moltiplicando il costo medio al grammo di ogni ingrediente per i grammi utilizzati.

Espresso in percentuale il valore del food cost si ottiene dal rapporto tra il costo delle materie prime impiegate nella preparazione di un piatto ed il prezzo di vendita dello stesso.

La formula utilizzata è quindi la seguente:

Costo del piatto/Prezzo di vendita x 100

Il valore percentuale così calcolato mensilmente, o al termine di ogni periodo operativo, identifica il costo del reparto cucina in proporzione al lavoro svolto, sulla base dei pasti venduti, o offerti, alla clientela e di quelli consumati dal personale.

Una volta fissato un valore di food cost al quale operare, tutto lo staff deve rispettarlo, affinché vengano scongiurate eventuali perdite.

Nella prima parte della formula vi è il costo del piatto che si ottiene effettuando l’inventario di magazzino all’inizio del mese. A questo valore si aggiunge poi l’importo degli acquisti effettuati durante i trenta giorni. Al termine del periodo d’osservazione si valuteranno le rimanenze del magazzino, che saranno sottratte al totale precedente. Il risultato ottenuto indica il valore del cibo consumato nel mese di riferimento.

Uno chef accorto deve essere in grado anche di considerare l’eventuale percentuale di scarto delle materie prime e la perdita del peso degli alimenti dovuta alla cottura.

Inoltre, deve saper minimizzare gli scarti di tutti quegli ingredienti che incidono sul costo in misura maggiore come: carne, pesce, frutta e verdura.

In questo modo, una volta stabilito con precisione il prezzo di vendita del piatto, si può procedere con il calcolo del proprio food cost percentuale reale ed affidabile. Esistono sul mercato software specifici che gestiscono le ricette e i relativi costi in modo accurato, rendendo molto più agevole il conteggio periodico.

Conoscere il food cost aiuta non solo a stabilire prezzi al pubblico coerenti, ma anche ad avere maggiore consapevolezza negli acquisti e nella gestione degli delle materie prime, riducendo al minimo scarti e sprechi.

Per una valutazione quanto più accurata possibile, ci sono da prendere in considerazione anche altre voci come: i pranzi gratuiti, i piatti test e gli ingredienti non più utilizzabili.

Questi valori, infatti, consumano materie prime e non producono ricavi, ma vanno comunque analizzati.

  1. Costi diretti: le materie prime
  2. Quanto incidono le materie prime sul food cost?
  3. Come pianificare un menù in relazione al food cost

1. Costi diretti: le materie prime

A concorrere al valore del piatto troviamo i costi diretti e indiretti. Fanno parte della prima tipologia le materie prime e la manodopera, mentre della seconda gli ammortamenti, le attrezzature ed il personale extra.

Le materie prime rappresentano una voce che incide direttamente sul costo finale di un piatto. Quest’ultimo, infatti, può variare sensibilmente in base alle fluttuazioni di mercato degli ingredienti utilizzati.

Il costo delle materie prime è ricavabile dalla scheda merceologica di ogni prodotto, dove è riportato la quotazione aggiornata applicata dai diversi fornitori. Standardizzare in modo certo il prezzo di un ingrediente non è sempre semplice, poiché è influenzato da diverse variabili.

Ad esempio, la stessa derrata acquistata da due fornitori diversi può avere una percentuale di scarto differente, quindi, oltre al prezzo applicato, la scelta deve essere fatta tenendo conto degli scarti.

Un ulteriore costo aggiuntivo di non facile identificazione è rappresentato dallo stoccaggio, soprattutto per quanto riguarda gli alimenti freschi come la carne. Per diverse ragioni che vanno dal grado di freschezza del prodotto ai circuiti distributivi del fornitore, si è costretti a tenere una certa giacenza di magazzino.

Il costo delle derrate immagazzinate è generalmente superiore, poiché si avranno maggiori costi di immobilizzo e di perdite di magazzino, dovute al deperimento degli alimenti.

 

QUANTO INCIDE IL COSTO DELLA MATERIA PRIMA NEL CALCOLO DEL FOOD COST?

I cali di peso

Dalla ricetta di ogni piatto è possibile ricavare la grammatura di ogni ingrediente necessario alla sua realizzazione.

La quantità delle materie prime crude necessaria però deve tener conto dei cali di peso in cottura. Nella gestione della cucina è importante rispettare le grammature previste dalla ricetta.

Infatti, uno scostamento in difetto o in eccesso può incidere in modo anche considerevole sull’andamento economico dell’azienda.

Oltre al calo di peso derivante dalla cottura ve ne sono altri, come quelli dovuti alla consegna e alla preparazione del piatto.

Di solito la perdita di peso di un alimento è dovuta all’evaporazione dell’acqua durante lo stoccaggio in magazzino, ed è condizionata sia dal tipo di confezione sia dal tempo trascorso in dispensa. Tanto maggiore sarà la giacenza, tanto più elevato sarà il calo di peso. 

La resa

Ad influire sul costo di una data materia prima è anche la resa che questa avrà durante la realizzazione del piatto.

Parlando di carne, ad esempio, dovremo considerare che il pezzo realmente utilizzabile a volte si ottiene dopo aver eliminato tutte le parti non strettamente necessarie alla ricetta come: il grasso, i tagli terminali, la cotenna e così via.

Le percentuali di tara, calo del peso e resa sono elementi fortemente variabili, e in molti casi non è semplice tenerli sotto controllo. A questo proposito spesso si fa ricorso a prodotti già lavorati o sezionati per poter gestire con maggiore sicurezza il costo della materia prima.

 

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I Convenience Food

I prodotti di servizio, semilavorati o “convenience food” sono tutti quegli alimenti che hanno subito uno o più livelli di trasformazione e sono stati poi sottoposti a un metodo di conservazione prima di essere commercializzati.

Generalmente hanno un costo più elevato, in quanto oltre al prodotto si acquista anche un servizio.

Dall’altro lato però, si dovrebbe tener conto di alcuni fattori di convenienza: diminuisce, infatti, la necessità di manodopera, si evitano gli scarti, occorre meno spazio per lavorare e un minor numero di attrezzature, permettendo così un investimento iniziale contenuto e un costo limitato per la manutenzione ordinaria.

Tra i “convenience food” più usati troviamo: le carni macellate e suddivise in tagli, il pollame e la selvaggina spennati o spellati e già puliti, o le verdure mondate e lavate intere o tagliate a pezzi.

Sul mercato è possibile trovare un’ampia gamma di convenience food.

In base al grado di lavorazione al quale vengono sottoposti gli alimenti grezzi per diventare semilavorati si possono distinguere cinque livelli di trasformazione diversi, che identificano alimenti con caratteristiche qualitative e funzionali differenti tra loro.

  • I livello: sono prodotti che subiscono un trattamento preliminare minimo, utile alle lavorazioni successive (es. sezionatura delle carcasse bovine in mezzene o in quarti)
  • II livello: comprende una vasta gamma di cibi pronti per essere cucinati in quanto hanno già subito tutte le operazioni preliminari di lavaggio, selezione e pulizia (es. insalata in busta)
  • III livello: in questa categoria troviamo i prodotti passati attraverso le operazioni di base in cucina e quindi sono già puliti, porzionati e in alcuni casi precotti. Necessitano soltanto della cottura finale o della porzionatura per il servizio (es. patatine surgelate, precotte da friggere)
  • IV livello: riguarda tutti quegli alimenti già cotti che vanno solamente riscaldati (es. zuppe pronte)
  • V livello: sono i cosiddetti prodotti “ready to eat” ossia già pronti da mangiare. L’unica operazione necessaria in questo caso è il porzionamento per il servizio (es. dessert)

La scelta di lavorare a partire da ingredienti convenience (IV livello, surgelati, semilavorati vari) permette di ridurre il food cost perché abbassa di molto l’incidenza dello spreco. Tuttavia, questa è una scelta che va valutata anche da un punto di vista organolettico e dal tipo di ristorazione offerta.

 

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2. Quanto incidono le materie prime sul food cost?

Pur non potendo indicare un livello di incidenza ottimale, dal momento che quest’ultimo varierà in funzione della tipologia di ristorazione e dal tipo di offerta della propria attività, possiamo provare però a fare una stima.

Le statistiche del settore forniscono dei dati riguardanti l’incidenza dei principali costi così suddivisi:

  • Materie prime: 35%
  • Manodopera: 50%
  • Spese generali: 15%

Una percentuale di utile corretta si aggira intorno al 20%, quindi è possibile ripartire ulteriormente le spese sugli incassi di un bilancio gestionale medio nei seguenti range:

  • Materie prime: 28/30%
  • Manodopera: 35/40%
  • Spese generali: 12/15%
  • Utile: 15/20%

Food Cost preventivo e consuntivo

Per analizzare al meglio il rapporto tra materia prima e food cost possiamo prendere in considerazione altri due indicatori, dai quali otterremo valori percentuali utili come riferimento in diversi calcoli. Parliamo di:

  • Food cost preventivo
  • Food cost consuntivo

Il primo dato indica il costo delle materie prime necessarie alla realizzazione di un piatto o di un menu, mentre il secondo fornisce il costo totale dei generi alimentari utilizzati in un determinato periodo di tempo.

Dalla scheda ricetta di un piatto è possibile ricavare il food cost preventivo sommando il costo di ogni ingrediente moltiplicato per la quantità necessaria a preparare una singola porzione.

Il food cost preventivo è utile per determinare il costo di una pietanza prima di inserirla nel proprio menù.

Il food cost consuntivo invece, indica il totale delle spese realmente sostenute per l’acquisto delle materie prime, pertanto è un dato oggettivo e riassuntivo, che si può utilizzare come indicatore per valutare, correggere e migliorare la gestione della cucina.

Inoltre, il food cost consuntivo agevola il calcolo della quantità di materia prima utilizzata in un dato periodo.

In questo modo sarà più semplice prendere decisioni sull’approvvigionamento e valutare se sia più conveniente rivolgersi ad un nuovo fornitore per abbattere i costi di acquisto di un dato prodotto, oppure se richiedere una scontistica al grossista di fiducia.

I valori ottenuti nel calcolo di questi due indicatori devono essere quanto più possibile vicini tra loro. Se il food cost preventivo, infatti, indica il costo per la preparazione di un dato piatto, il consuntivo mostra se realmente la cucina ha rispettato quanto previsto.

 

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3. Come pianificare un menu in relazione al food cost

Come abbiamo appena visto il costo delle materie prime che concorrono alla realizzazione delle diverse ricette influiscono sul valore finale di ogni piatto.

Per contenere i costi di ogni portata è possibile:

  1. Utilizzare le stesse materie prime nella preparazione di più pietanze all’interno del menù
  2. Identificare il numero dei piatti da proporre in base agli ingredienti

Queste operazioni consentiranno di offrire alla propria clientela diverse opzioni, senza per questo dover acquistare ingredienti che potrebbero finire tra gli scarti qualora il piatto non fosse effettivamente ordinato.

La previsione dei piatti venduti, il controllo delle porzioni, degli scarti, degli sprechi e la verifica periodica degli inventari sono tutte operazioni che consentono di gestire al meglio il food cost ottenendo un’organizzazione amministrativa efficiente ed economica del proprio locale.

 

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